Quando il principe Piero Ginori Conti ebbe l’idea di sfruttare il vapore che veniva dal sottosuolo di Larderello, nacque ufficialmente l’energia geotermica. Era il 1904 e il nobile fiorentino non poteva sapere che, disciolti nei vapori sputati dai soffioni boraciferi dei Monti Metalliferi, c’era un’altra energia che, esattamente 87 anni dopo, avrebbe avviato l’elettrificazione del mondo. Infatti nella cosiddetta salamoia geotermica – il mix di sostanze disciolte nei vapori geotermali – c’è una quantità non trascurabile di un metallo alcalino scoperto nel 1817 dal chimico svedese Johan August Arfwedson. Stiamo parlando del litio, elemento principale delle batterie che hanno rivoluzionato la nostra vita sin dal 1991, quando debuttarono su una macchina fotografica per poi estendersi a personal computer, telefoni, tagliaerba e altro ancora.
PREMI NOBEL
Ad un tratto, tutto quello che aveva un filo, poteva farne a mano dandoci una libertà che non avevamo mai sperimentato. La batteria al litio era il frutto del lavoro di John B. Goodenough, M. Stanley Wittingham e Akira Yorshino che nel 2019 avrebbero vinto il premio Nobel per la Chimica. Per questo, se il motore delle automobili elettriche è la batteria, il litio è il petrolio del futuro. E forse è un destino che la molla che spinse i 3 ricercatori fu la crisi petrolifera degli anni ’70 seguita alla Guerra del Kippur e a tutti i conflitti seguenti che hanno avuto luogo intorno al Medio Oriente, l’area del pianeta più ricca di petrolio. Il possesso del litio ha dunque un peso strategico negli equilibri geopolitici del futuro. Il problema è che l’80% delle riserve passa per mani cinesi dando un vantaggio fondamentale all’industria del Dragone che è il maggior produttore mondiale di celle, l’unità minima della batterie agli ioni di litio. Il litio si trova in Africa, in Sudamerica e anche in Australia, dove si ricava per estrazione mineraria o da soluzione salina, con grande dispendio di risorse: i 77 milioni di tonnellate estratti nel 2019 hanno comportato 1,05 miliardi di tonnellate di CO2 nell’atmosfera, l’equivalente di Regno Unito, Francia e Italia messi insieme. Messa così, l’auto elettrica rappresenta un progresso solo apparente.
I SALI DELLE SALAMOIE
Eppure un’alternativa c’è. Secondo la EGEC (European Geothermal Energy Council), disciolto nei sali delle salamoie geotermiche europee c’è il 25% del nostro fabbisogno di litio nel 2030, considerando che nel 2023 sarà già pari a quello registrato nel mondo intero nel 2020. Si dà poi il caso che l’area geotermale più grande d’Europa si trova lungo il Reno, a cavallo tra la Francia e la Germania. Se si punta un compasso, nel raggio di 3 ore di macchina ci troviamo nelle più grandi aree dell’industria automobilistica europea e dove stanno già sorgendo le gigafactory che entro il 2030 porteranno l’Unione Europea a produrre batterie per 500 GWh, 30 volte il volume attuale. Il litio geotermico europeo sarebbe dunque quasi a chilometro zero e avrebbe un valore strategico fondamentale nel mercato che, secondo tutti gli analisti, è e sarà l’apripista della mobilità elettrica. Secondo la Vulcan Energy Resources (VER), nelle salamoie europee ci sono in media 181 mg/litro di litio che, a conti fatti, significa 13,2 milioni di tonnellate. La VER ha presentato un progetto di estrazione denominato Zero Carbon Lithium per il quale ha chiesto un finanziamento di 2,25 miliardi di euro alla Banca Europea di Investimenti. Il progetto, sufficiente per un milione di batterie, sfrutta la stessa energia geotermica per ricavare da elettrolisi l’idrossido di litio che è il semilavorato necessario per le celle. In questo modo il bilancio di CO2 necessario per costruire una batteria da 50 kWh passerebbe da +675 kg e -238 kg, moneta che vale più dell’oro sul mercato degli ETF (Emission Trading System) e rappresenterebbe un altro vantaggio competitivo per l’Unione.
COME IN CALIFORNIA
Sarebbe abbattuto anche il costo di estrazione del litio: 3.140 dollari a tonnellata, rispetto ai 6.500 di quello minerario e 5.872 di quello da soluzione salina consumando fino ad un sesto dell’acqua e ad una cinquecentesima parte del territorio. Progetti analoghi ci sono in Spagna, Portogallo, Regno Unito, Kenya, Nuova Zelanda e in California. Uno di questi è quello della Controlled Thermal Resources, società nel cui capitale ha recentemente fatto il suo ingresso la General Motors con l’obiettivo di approvvigionarsi di litio geotermico “corto”, a buon mercato e a basso impatto ambientale. E l’Italia? Il principe Ginori Conti era ignaro di che cosa bollisse nei suoi soffioni, ma noi non possiamo tenere chiusi i coperchi e dobbiamo considerare la disponibilità potenziale di litio pulito come una risorsa fondamentale per il nostro domani.
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