Gli alieni sono già sbarcati tra noi. Non dal cielo, come suggerisce la fantascienza, ma dal mare.
Hanno nomi simpatici, ma forme e colori inquietanti. Qualcuno, come il pesce scorpione, il pesce coniglio scuro e il pesce coniglio striato, non è pericoloso. Può far male solo a chi lo mangia, a causa delle spine che causano punture dolorose. Un altro alieno del mare, il pesce palla maculato, è invece un autentico killer. «La sua dentatura – si legge sulla scheda diffusa dal Cnr e dall’Ispra – può causare morsi dolorosi. La sua carne comprende una neurotossina che la rende altamente tossica al consumo, pure dopo la cottura». Anche il suo nome scientifico, Lagocephalus sceleratus, sconsiglia un incontro ravvicinato. Un anno fa, nell’estate del 2022, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e l’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del Cnr hanno lanciato la campagna “Attenti a quei quattro!”, invitando bagnanti, sub, pescatori e altri utenti del mare a segnalare la loro presenza. Come nei “Wanted!” dei film western, completano l’appello le immagini dei ricercati. Grigi ma spinosi i due conigli, rosso e spinosissimo lo scorpione, bianco in pancia e grigio sulla schiena il temibile pesce palla maculato. Il Cnr e l’Ispra, un anno fa, hanno invitato a pubblicare le foto dei pesci alieni nel gruppo Facebook Oddfish, che significa “strano pesce”. Grazie alle 1800 foto comparse in questi mesi, si vede che gli invasori sono ben più di quattro. Sulla costa del Lazio sono stati fotografati il pesce istrice tropicale e il pesce porcospino punteggiato, un predatore che fa strage di ricci di mare e molluschi. Da altre zone (Adriatico, Sardegna, perfino Alessandria d’Egitto) sono arrivate immagini di pesci pappagallo, piccoli squali e urticanti meduse del genere Carybdea.
IL RAPPORTO
Non c’è da stupirsi, perché secondo il rapporto Wwf “Gli effetti del cambiamento climatico nel Mediterraneo”, le specie aliene di pesci e di altri animali marini (granchi, alghe, molluschi…) entrate negli ultimi anni nel Mare Nostrum hanno superato il migliaio. La maggioranza degli alieni è arrivata dal Canale di Suez, qualcuna da Gibilterra, altre dalle acque di sentina delle navi, scaricate senza badare all’ambiente. Nel Mediterraneo orientale, tra Creta, Cipro, la Turchia e l’Egitto, gli invasori sono particolarmente abbondanti, e hanno causato una riduzione fino al 40% delle specie autoctone. Nelle acque israeliane, per i biologi marini, il 90% dei molluschi appartiene a specie tropicali.
Ad attrarre le specie aliene verso le nostre acque è ovviamente il riscaldamento del mare, che va pari passo con quello della terraferma. Secondo uno studio dell’Enea, dal 1997 a oggi, la temperatura della superficie del Mediterraneo è cresciuta di 0,5 gradi. Altre fonti parlano di un aumento medio di 1,5 gradi in 40 anni. La temperatura media in superficie, tutto l’anno, ha superato i 15 gradi. Nel 2020, secondo un gruppo internazionale di ricercatori di cui facevano parte Franco Reseghetti dell’Enea e Simona Simoncelli dell’Ingv di Bologna, il Mediterraneo è stato il mare dove la temperatura e la salinità dell’acqua sono aumentate più rapidamente. Se la tendenza attuale resterà, entro il 2100 ci sarà un altro aumento di 3 e più gradi. Un dato che può sembrare piacevole per chi ama i bagni fuori stagione, una catastrofe per la biodiversità e l’economia. Secondo il Wwf, tra pesca e turismo, il “capitale naturale” del Mediterraneo vale 450 miliardi di euro all’anno. Una cifra che il riscaldamento dell’acqua rischia di far crollare.
L’aumento delle meduse (i ricercatori parlano di “gelificazione del mare”) danneggia i pescatori, che a volte catturano più meduse che pesci, ma anche il turismo se le meduse si accumulano sulle spiagge. L’acqua calda e le specie aliene causano la diminuzione del pescato, che si ripercuote sul reddito dei pescatori e sulla nutrizione della popolazione, soprattutto in aree povere come i paesi del Maghreb. La Fao, che conosce il problema, ha creato una commissione per incoraggiare i pescatori a catturare, e i consumatori ad assaggiare, specie “aliene” come la chimera, il pesce scorpione e il granchio blu particolarmente abbondante in Tunisia. Non è tutto. Il riscaldamento dell’acqua e l’innalzamento del livello del mare hanno gravi conseguenze sulle praterie di posidonia, che immagazzinano dall’11 al 42% delle emissioni di CO2, e hanno un ruolo fondamentale nella produzione di ossigeno.
AREE PROTETTE
La Pinna nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, è quasi scomparsa dalle acque spagnole e italiane. Anche gli eventi meteorologici estremi, sempre più frequenti nei nostri climi, possono avere conseguenze rovinose sui fondali, come dimostra la mareggiata che ha colpito nel 2018 il Mar Ligure, e che ha distrutto il 30% delle gorgonie, coralli che formano vere e proprie foreste sommerse, e che soffrono anche per il riscaldamento dell’acqua. I fenomeni di cui abbiamo parlato sono evidenti anche nelle Aree Marine Protette che tutelano i fondali più suggestivi d’Italia. «Da noi la Pinna Nobilis è quasi completamente scomparsa, e il granchio blu è diventato abbondante», spiega Antonino Miccio, direttore dell’Amp Regno di Nettuno, che include i fondali di Ischia, Ponza e Vivara, davanti al Golfo di Napoli. Anche qui, nelle scorse settimane, il mare si è tinto di verde come davanti a Mergellina e a Posillipo, causando preoccupazione e sorpresa. «Facciamo un lavoro capillare, abbiamo un rapporto importante con le quasi 80 piccole aziende che praticano la pesca nel nostro mare. Sono stati i pescatori, per primi, ad avvisarci dei cambiamenti», prosegue il direttore Miccio. «Credo che le Aree Marine Protette, che tutelano degli angoli meravigliosi d’Italia, possano fare molto a livello locale, coinvolgendo la popolazione e i visitatori. Di fronte al cambiamento climatico, però, e alle sue conseguenze nel Mediterraneo, possiamo fare poco. Le scelte devono essere prese a livello globale».
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