Metalli, termoplastiche, ceramiche, polimeri moderni ripensati in chiave green.
E poi ancora nuove batterie, fuel cell a idrogeno e ammoniaca verde a zero emissioni. La lunga strada verso un’Europa più sostenibile oggi passa dall’abilità degli scienziati di comprendere le leggi fondamentali dei materiali, ridisegnandoli a livello atomico per ridurre al minimo il loro impatto ambientale, in un percorso che «parte dall’atomo e arriva al pianeta». Ne è convinto Kevin Rossi, 31 anni, romano, professore aggiunto nel Dipartimento di Scienze e Ingegneria dei Materiali dell’università TU Delft, in Olanda.
Forte dell’esperienza maturata in Europa, Rossi è tornato a Roma per presentare a Binario F (il polo tech nell’Hub di LVenture Group alla stazione Termini) la sua visione per un futuro più sostenibile: “Daemon”, un network di ricerca interdisciplinare finanziato dall’Unione Europea (500mila euro in quattro anni) che ha radunato oltre 150 ricercatori da più di 35 Paesi europei. Tutti spinti dallo stesso, ambizioso obiettivo: accelerare il design di nuovi materiali legati alla chimica verde e alla sostenibilità, partendo dallo studio della loro parte più piccola, l’atomo.
L’IDEA
Dietro ci sono formulazioni teoriche complesse che coinvolgono anche la meccanica quantistica, ma l’idea alla base del progetto è semplice. La spiega bene Federico Grasselli, co-ideatore di Daemon e ricercatore presso il Laboratorio di Scienza Computazionale e Modellizzazione del politecnico EPFL, in Svizzera. «Gli atomi sono come dei piccoli pezzi di Lego – dice il ricercatore – che possiamo unire in tasselli più grandi, le molecole, usando tante possibili combinazioni». «E a seconda della combinazione scelta – precisa Rossi – possiamo ottenere alcune funzionalità specifiche».
È quello che gli scienziati chiamano il “tailoring delle proprietà”: si lavora di fino a livello microscopico per ottenere nuovi materiali, tarati a seconda delle esigenze. C’è di mezzo anche l’intelligenza artificiale, e anzi a livello di laboratorio parte tutto da lì. Grazie alla computer vision – branca dell’IA che permette ai computer di analizzare migliaia di immagini digitali al minuto – gli scienziati a capo del progetto Daemon hanno rilevato come disposizioni atomiche che credevano fossero casuali in realtà non lo erano. Da questa intuizione sono arrivati a indurre attività catalitiche uniche, e da lì al design di materiali nuovi dal basso impatto ambientale. Sempre grazie all’IA, i ricercatori oggi riescono anche a simulare la risposta dei materiali in condizioni difficili da raggiungere con i soli apparati sperimentali, per esempio quelle presenti in altri pianeti o ad altissime pressioni.
Tanta teoria e tanta sperimentazione sì ma attenzione, perché c’è un momento critico in tecnologia, quello in cui la scienza pura si cristallizza nel tessuto industriale. È il momento delle possibilità infinite, quello dove nascono i device di domani. E quello che più di tutti cattura l’interesse delle aziende. Lo dimostra la presenza in forze a Binario F di diverse realtà industriali, trasversali e a ogni livello, dalle startup green (tra queste la friulana Ncomp, che nel 2020 ha prodotto le sue prime imbarcazioni riciclabili) ai venture capital fino alle multinazionali. Da De Nora, maggiore fornitore globale di elettrodi, fino a Tetra Pak, che proprio alla presentazione ha anticipato di voler rendere sostenibili 200 miliardi di contenitori di food e beverage.
RINA, colosso genovese della classificazione navale, ha spiegato come sta utilizzando la computer vision per identificare i difetti nei tubi metallici con un’accuratezza di un errore per milione. +
LE DECLINAZIONI
Sono tanti i settori che potrebbero trarre beneficio da un approccio multidisciplinare, compreso quello farmaceutico. «Ogni farmaco è un materiale nuovo, e ogni farmaco è composto da tanti materiali diversi», spiega Andrea Anelli, digitalization and data scientist del dipartimento di Pharma Research and Early Development della Roche. «In un’ottica di sostenibilità, il problema per tantissime industrie, non solo quella farmaceutica, riguarda soprattutto i materiali usati nei processi intermedi, che spesso risultano costosi, rari e poco sostenibili. Scoprirne di nuovi può aiutare le aziende a sviluppare materiali non solo più economici ma anche più stabili ed eco-friendly».
Il design di nuovi materiali oggi è centrale nel percorso europeo di decarbonizzazione fissato dal Green Deal per il 2050. Mentre cresce a Bruxelles l’indirizzo politico che punta a ridurre la dipendenza da materie prime di difficile reperibilità, resta ferma la necessità di affrontare le sfide più urgenti a livello ambientale.
LA SOSTENIBILITÀ
Già dal 2022 circola in Commissione Ue l’idea che il design sia responsabile dell’80% degli impatti che un prodotto avrà nel corso del suo ciclo vitale. I materiali di domani perciò dovranno essere progettati per essere «facili da rinnovare e riciclare, ed efficienti sotto il profilo energetico e delle risorse». Mentre il Vecchio Continente serra il passo verso la decarbonizzazione, intanto c’è chi rischia di restare indietro. L’Italia si presenta agli ultimi report in netto contrasto con la media europea: consumiamo più risorse e generiamo una quota più elevata di rifiuti, sia in termini pro-capite che in rapporto al Pil. Nel 2023 abbiamo anche abbandonato il primato nel settore dell’economia circolare, lasciando il posto all’Olanda.