Data center, si riscalda la corsa delle Big Tech: oltre alle rinnovabili, opzione energia nucleare. E la Ue studia lo Spazio

La corsa all'oro dell'intelligenza artificiale infiamma gli investimenti delle Big Tech americane in Europa.

Certo, i numeri al di là dell'Atlantico continuano a far impallidire il Vecchio continente: se nel primo trimestre di quest'anno si contavano oltre 5300 data center attivi negli Stati Uniti, per superare – di pochissimo – l'asticella magica dei 1000 in Europa occorre sommare tutti i centri in funzione tra Germania, Francia e Italia. Eppur (qualcosa) si muove per rispondere alla crescente domanda di servizi cloud e IA. Secondo una ricognizione pubblicata a settembre dalla società di consulenza immobiliare londinese Knight Frank, nei primi sei mesi del 2024 il mercato europeo ha registrato un aumento pari al 168% di investimenti nei data center rispetto allo stesso periodo del 2023. Un trend in crescita costante. A inizio ottobre Microsoft ha ufficializzato uno stanziamento di 4,3 miliardi di euro nel nostro Paese nei prossimi due anni per espandere la sua infrastruttura di data center e di intelligenza artificiale: si tratta del più imponente piano del gruppo in Italia ad oggi, accompagnato da un programma di formazione per sviluppare le competenze digitali di oltre un milione di italiani entro la fine del 2025. La “Cloud Region ItalyNorth”, secondo quanto riferito dal colosso tech a stelle e strisce, diventerà così una delle più grandi regioni a ospitare i dati center di Microsoft nel continente europeo, e svolgerà un ruolo di ponte verso il Mediterraneo e il Nord Africa grazie ai collegamenti sottomarini.

 

L'EUROPA

Non solo Italia, naturalmente: l'espansione europea dei data center è trainata dall'Europa occidentale. Londra, Parigi e Francoforte sono i principali poli continentali (ma il data center più esteso ad oggi si trova in Portogallo). Negli stessi giorni in cui a palazzo Chigi arrivava il gran capo di Microsoft Brad Smith, il cancelliere Olaf Scholz tagliava il nastro del primo data center quantistico di Ibm in Europa, ospitato a Ehningen, nel sud della Germania.

 

Sempre Microsoft ha messo sul piatto 6,69 miliardi per la costruzione di un centro dati a Saragozza, la stessa città in cui la divisione di cloud computing di Amazon ha pianificato un investimento da 15,7 miliardi su dieci anni: un incrocio che trasformerà il capoluogo dell'Aragona in uno dei principali hub di centri dati nell'Ue, la “Virginia d'Europa” secondo i proclami degli amministratori locali, con un riferimento allo Stato chiave per densità di data center negli Usa. La ragione? Le Big Tech messo hanno in particolare gli occhi sull'imponente capacità energetica rinnovabile (ea miglior prezzo) della regione spagnola, un asset chiave per alimentare i loro impianti.

 

 

IL PROBLEMA

Il fabbisogno energetico delle maxi-strutture fisiche che ospitano server per la gestione e l'archiviazione di un'enorme quantità di informazioni digitali (sempre più centrali per l'IA  generativa) è, infatti, impressionante: è necessaria tanto per far funzionare le apparecchiature ,quanto per mantenere una temperatura adeguata ed evitare il surriscaldamento. Le Big Tech, da Google al colosso dei chip Nvidia, si sono già rivolte a soluzioni di maggiore risparmio energetico per le loro attività legate allo sviluppo dell'IA. Ma non sempre tutto fila liscio. Un consiglio municipale di Dublino, ad esempio, ad agosto ha negato il via libera al progetto di un nuovo centro dati del gigante di Mountain View a causa dell'assenza di informazioni sulla quantità di energia che questo sottrarrebbe alla rete elettrica nazionale.

LO SPAZIO

A questo riguardo è stato fatto uno studio di fattibilità condotto da Thales Alenia Space, per la Commissione Europea come parte del programma Horizon Europe. Gli obiettivi dello studio sono dimostrare la fattibilità tecnica e i benefici ambientali dell'implementazione di un data center di grande capacità nello spazio. Dallo studio gli Space Data Centre riducono i tempi di elaborazione dei dati spaziali, offrendo capacità di elaborazione vicino alle risorse spaziali e riducendo quindi il ritardo di comunicazione.
Se questo sarà il futuro, lo vedremo per ora però a sembrare vere costellazioni sono, da lontano, nella notte, le luci dei data center di Ashburn, a 50 chilometri a ovest di Washington.

AL DI LA' DELL'OCEANO

 

 

 

 Negli ultimi anni infatti il centro della Virginia è diventato la capitale globale dei data center, alimentando in modo costante il 70% del traffico web mondiale. Sono passati quasi 80 anni dalla creazione del primo centro dati al mondo, all’interno della University of Pennsylvania di Philadelphia: serviva per alimentare l’Electronic Numerical Integrator and Computer (ENIAC), un computer che all’epoca occupava una stanza ed era in grado di fare calcoli numerici impensabili: in un secondo poteva risolvere 5.000 addizioni, sostituendo il lavoro di 50.000 persone. Oggi, gli Stati Uniti hanno oltre  5.380 strutture, di cui 245 ad Ashburn: più di ogni altro paese al mondo. Al secondo posto c’è la Germania con 522, poi il Regno Unito con 517. La Cina è quarta con 449, mentre l’Italia, con 168 data center, è undicesima. Il mercato statunitense dei data center non è solamente vasto in termini numerici, ma anche economici. Nel 2023, il settore valeva 36,1 miliardi di dollari, con previsioni di crescita fino a 71,67 miliardi di dollari entro il 2034. Questa espansione è alimentata dalla crescente domanda di servizi cloud, big data e, in particolare, dall'intelligenza artificiale e dal machine learning.

GLI STESSI PROBLEMI

Ovviamente questa situazione di privilegio per gli Stati Uniti ha anche diversi aspetti negativi: da una parte i costi del terreno sui quali costruirli, dall’altra la quantità di energia e di acqua consumata da questi centri che sono in realtà l’infrastruttura tangibile di un mondo che non possiamo vedere e sul quale abbiamo costruito la nostra civiltà. Negli ultimi mesi il costo del terreno in Vint Hill, un altro piccolo centro della Virginia dove saranno costruiti nuovi data center, è cresciuto di 10 volte. Gli stati americani fanno a gara per dare ai provider le condizioni migliori e attirare nuove costruzioni nella speranza di creare nuovi posti di lavoro: Virginia, Georgia, South Carolina, ma anche Nevada, Arizona e Connecticut hanno cercato di portare a casa il maggior numero di contratti possibili con importanti sgravi fiscali. Questo dato è ben visibile nell’aumento del 70% nel 2024 del numero di centri in costruzione rispetto al 2023. Una recente inchiesta di ProPublica, tuttavia, mostra come i consumi e l’impatto sul territorio siano enormi. E ora diversi stati stanno cambiando idea. La Virginia per esempio nei momenti di massima richiesta di energia ha provato a usare un impianto molto inquinante alimentato a diesel per evitare lo spegnimento delle luci in alcune aree dello stato.

Secondo Constellation Energy, il reattore Unità 1 della centrale nucleare chiusa di Three Mile Island vicino a Middletown, Pennsylvania, tornerà online nel 2028 per fornire energia ai data center di proprietà del gigante della tecnologia Microsoft . Nel 1979, una fusione parziale del reattore Unità 2 di Three Mile Island causò il peggior incidente nucleare nella storia degli Stati Uniti. E anche google, secondo il Wall Street Journal punta al nucleare con mini reattori.

Intanto la Georgia ha deciso di sospendere gli sgravi fiscali fino a quando non si farà un’analisi sul vero consumo di energia. Il Connecticut e la South Carolina stanno pensando a una soluzione simile. Secondo Sajjad Moazeni, professore alla University of Washington intervistato lo scorso agosto da ProPublica, in un giorno ChatGPT consuma quanto 33.000 famiglie americane in un anno. «Delle leggi potrebbero aiutare sia a spingere le aziende a rendere i data center più efficienti e allo stesso tempo a preservare un ambiente più pulito e migliore per noi».

PREOCCUPAZIONI

A Goodyear, Arizona, i residenti sono preoccupati per l'impatto dei nuovi data center sulle risorse idriche ed energetiche locali, in un'area già colpita dalla siccità a causa del cambiamento climatico. Per raffreddare i server infatti servono enormi quantità di acqua, che spesso vanno ad incidere su un equilibrio già condizionato dalla crisi climatica. L'Arizona Public Service, principale fornitore energetico dello stato, prevede una carenza di capacità di trasmissione entro la fine del decennio senza significativi aggiornamenti alla rete. Le aziende tech stanno cercando soluzioni. Microsoft ha registrato un aumento del 34% nel consumo d'acqua dei suoi server con l'introduzione di strumenti IA come Copilot e ChatGPT. Per mitigare l'impatto ambientale, molte compagnie stanno investendo in fonti di energia rinnovabile e in tecnologie di raffreddamento più efficienti. Senza interventi significativi, vaste aree potrebbero esaurire le proprie risorse energetiche, aggravando il problema del riscaldamento globale. Secondo alcune stime, entro il 2027 i server cloud che alimentano l'IA consumeranno tra i 4,2 e i 6,6 miliardi di metri cubi d'acqua, circa la metà di quella utilizzata annualmente dall'intero Regno Unito. 

Potrebbe interessarti anche

Ultimi articoli pubblicati