Si chiama Einstein Telescope, allusivamente abbreviato E.T., ma sarebbe sbagliato pensare a maxi ottiche piazzate in alta quota: questa tecnologia si celerà furtivamente nel sottosuolo.
Sarà la più grande antenna (o microfono, o sensore) in grado di captare le elusive onde gravitazionali. Un fenomeno già postulato da Einstein e poi festeggiato nel 2017 con il Nobel, dopo essere stato finalmente osservato dal 2015 dagli interferometri Ligo e Virgo. Entro il 2025 l’Europa deciderà a chi assegnare il progetto, e sono due i siti attualmente in lizza: la miniera di Sos Enattos, nel Nuorese, e la regione del Limburgo, tra Olanda, Belgio e Germania. «È un progetto interessantissimo dal punto di vista scientifico – dice il Nobel per la fisica Giorgio Parisi, che fa parte del comitato sostenitore della candidatura italiana – in quanto ci permetterebbe di esplorare le onde gravitazionali prodotte da buchi neri ai confini dell’universo».
COMPETENZE
«Il rivelatore di onde gravitazionali – aggiunge lo scienziato romano – sarebbe unico al mondo». Gli altri strumenti di questo tipo (nome tecnico: “interferometri”), l’americano Ligo e l’europeo Virgo, in Toscana, sono molto più piccoli, e quindi meno sensibili. «L’Italia – sostiene Parisi – è il Paese europeo con maggiori competenze per le onde gravitazionali e la Barbagia è un sito ideale, essendo una zona a bassa densità di popolazione». «Presto» la candidatura sarà annunciata ufficialmente dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha detto pochi giorni fa il ministro dell’Università e la Ricerca, Anna Maria Bernini. E.T. è un progetto coordinato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dall’istituto olandese Nikhef. La comunità scientifica internazionale è guidata da Michele Punturo, tra gli ideatori del progetto e responsabile di Etic, Einstein Telescope Infrastructure Consortium, progetto finanziato con il Pnrr per sostenere la candidatura italiana. Quando il governo darà il via libera formale, sarà ultimata «una documentazione complessa che richiederà ancora un paio di anni di lavoro», dice il fisico aretino. In questo dossier saranno elencate le caratteristiche del sito, «che si riflettono sulle condizioni dell’osservatorio che vi sarà realizzato», e poi vari allegati con le proposte finanziarie e di partnership. «La Sardegna ha delle caratteristiche geofisiche eccellenti». Tuttavia c’è un punto debole della candidatura: il tessuto delle infrastrutture di servizio nel territorio è da costruire. La concorrenza olandese in questo campo potrebbe essere forte. «Il punto di forza della candidatura della Sardegna, il fatto di essere un sito isolato, ha un rovescio della medaglia».
Meno interferenze, meno “rumore”. Ma un indotto ancora da creare. Eppure, «l’Einstein Telescope non può che essere un lavoro di squadra». Virgo, fiore all’occhiello della ricerca italiana, al confronto, si trova in un’area ben più attrezzata, sotto ogni punto di vista. Una volta completato, «sarà il più grande interferometro al mondo – dice Punturo – o quantomeno il più complesso, anche se ora c’è un progetto americano della stessa categoria, con il quale collaboriamo, che si chiama Cosmic Explorer». Gli Usa sono partiti molto dopo: «L’idea originale era nostra, e quindi devono recuperare il tempo perduto. Sono ancora alla fase di disegno concettuale, mentre noi ci stiamo inoltrando verso un livello molto più dettagliato per finalizzare la proposta». Ma come mai un telescopio lo si realizza nel sottosuolo? «Il nome “telescopio” non è corretto. Ma è stata una bella azione di marketing, quando lo abbiamo scelto, nel 2007, perché Einstein Telescope produceva l’acronimo E.T. In realtà è una sorta di microfono, potremmo chiamarlo E.M., un microfono che ascolta l’Universo e lo fa nella condizione di maggior silenzio possibile». Ecco perché la Sardegna, «un territorio a bassissimo rumore sismico e ambientale», e perché sottoterra, «dove siamo isolati dai residui rumori, dal vento, dalle attività umane e via dicendo».
Ma andare nel sottosuolo per studiare l’Universo non è un’idea nuova: «I Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn, il più grande centro sotterraneo per lo studio di particelle cosmiche, si trovano sotto una montagna». Anche l’acceleratore Lhc del Cern è sotterraneo, ma più che altro per le sue grandi dimensioni, 27 km di circonferenza. Per “ascoltare” le onde gravitazionali (o, come nel caso del Gran Sasso, i neutrini) «bisogna andare sottoterra, oppure sotto il mare, come fa l’esperimento KM3NeT, in Sicilia». Si tratta di un caso ancora più insolito di “telescopio marino” per captare i neutrini, a tremila metri di profondità. «Anche questo è un progetto guidato dall’Infn ed è in fase di realizzazione al largo di Capo Passero», sull’estrema punta meridionale della Sicilia.
Scruteremo il cosmo dalle miniere della Sardegna
BENEFICI
Ma quali sarebbero i benefici di un E.T. in Sardegna? «Abbiamo fatto uno studio, con gli economisti dell’Università di Sassari, e abbiamo visto che ogni euro investito in Einstein Telescope determina un giro d’affari di 3,6 euro e un incremento del Pil di 1,6 euro». E questo perché si tratta di un progetto che, nelle sue varie fasi di realizzazione e di costruzione, ha un fabbisogno molto elevato di servizi: «Tutta la catena di approvvigionamento ha un impatto economico immediato nella fase di costruzione, ma anche nella fase operativa, quando il centro ospiterà 100-150 ricercatori internazionali. Questo determinerà una richiesta di servizi di alto livello, come i licei internazionali». E.T. produrrà insomma una crescita sociale, ma anche tecnologica e industriale. «È un modello di sviluppo di servizi ad alta tecnologia, un po’ come è avvenuto nella campagna fuori Ginevra grazie al Cern, che ha fatto sviluppare una zona che era depressa economicamente». Virgo – fiore all’occhiello della ricerca italiana nel campo delle onde gravitazionali – è molto più piccolo e si trova in una regione già sviluppata: «Pisa è una delle province con il tasso di ricercatori maggiore d’Italia. Virgo ha dato un contributo incrementale, ma quando è nato non era in un terreno vergine. C’è stata collaborazione con le industrie fiorentine che lavorano nell’ottica, o con le industrie che si occupano di meccanica di precisione, nel Lucchese». Punturo è stato detector coordinator di Virgo, e quindi conosce bene quella realtà: «La prima proposta di Einstein Telescope è stata fatta all’Unione Europea nel 2008, e vincemmo il grant europeo per il suo disegno concettuale, che ho diretto fino al 2011. Da allora, stiamo lavorando per svilupparne la tecnologia. Nel 2018, siamo partiti alla grande. Ho coordinato la scrittura della proposta Esfri (European Strategy Forum on Research Infrastructures, per lo sviluppo di infrastrutture di ricerca), a guida italiana, e l’abbiamo vinta nel 2021. Da allora E.T. è diventato un progetto leader in Europa». Ci sarà ancora molto lavoro da fare. «Stiamo lavorando a quello che noi chiamiamo il bid book, la proposta di offerta di tutto quello che dobbiamo fare per candidare il sito». La decisione finale europea per decidere la collocazione di Einstein Telescope è prevista per il 2025.
CARATTERIZZAZIONE
Il fisico Davide Rozza, giovane ricercatore dell’Università di Sassari, sta lavorando alla caratterizzazione del sito di Sos Enattos a Lula, nel Nuorese. «Come saranno captate le onde gravitazionali? Cerchiamo – spiega – di rivelare gli effetti prodotti da corpi densi e massicci come stelle di neutroni o buchi neri, quando interagiscono tra loro, scontrandosi e fondendosi». Questi eventi creano onde gravitazionali, fenomeni davvero infinitesimali, che vanno misurati senza alcun rumore di fondo. Parliamo di «variazioni nei nostri strumenti dell’ordine di un millesimo del diametro di nucleo atomico». In pratica, «è come buttare un bicchiere di acqua nell’oceano a Lisbona e verificare a New York che il livello si è innalzato». La geologia della Sardegna lo permette: «È una delle zone più stabili dal punto di vista della sismicità quotidiana». Virgo, al confronto, è su un terreno molto più instabile. Ma una volta completato, l’Einstein Telescope sarà più grande e più sensibile di tutti i concorrenti: «I bracci di Virgo sono lunghi tre km, quelli di Ligo quattro. Noi vogliamo fare una macchina di dieci o quindici chilometri». Per andare dove nessuno si era mai inoltrato prima, e portare l’Italia all’avanguardia nella ricerca mondiale.