Ho lo stesso commercialista da circa 15 anni, ma ricordo il nostro primo incontro, come lo si ricorda in una lunga storia d’amore. Non eravamo in un ristorante a lume di candela, ma nel suo ufficio di plichi, faldoni e spillatrici. Ero appena uscito dall’università, avevo da poco aperto la partita Iva e quel nostro primo appuntamento rappresentava l’entrata nel mondo dei grandi, o più realisticamente il passaggio repentino dall’invidiabile status di giovane laureando a quello di lavoratore sottopagato (anche se “autonomo” e “libero professionista”). Nonostante tutto, il momento era solenne: poco prima di congedarmi il commercialista afferrò un foglio uscito dalla stampante e me lo mise davanti: la mia prima fattura. «Qui ci metti l’intestazione tua, qui quella del datore di lavoro, qui va il compenso, qui le ritenute e alla fine lui ti calcola il totale». «Lui chi?» gli domandai ingenuamente. «Excel!» ribadì il commercialista. Poi, davanti alla mia faccia basita, avanzò un ulteriore quesito: «Sai usare Excel?» «Certo, ma non come foglio di calcolo». Rimase un attimo interdetto: «E allora cosa lo usi a fare?». Feci spallucce e lui proseguì. «È come se uno avesse un forno a microonde e non lo usasse per scaldare le cose». Risi decisamente troppo a quella battuta, la prima di una lunga serie di metafore che in questi 15 anni ha utilizzato per spiegarmi le varie riforme fiscali e il loro impatto sulla mia posizione tributaria. (L’abuso di metafore esplicative è molto diffuso anche tra meccanici e fisioterapisti).
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In ogni caso, la mia conoscenza di quel software, che nel mio curriculum veniva descritto come “Ottima”, è sempre stata minima: sapevo aprirlo, certo, distinguere le righe dalle colonne, ovviamente, riuscivo anche scrivere parole di senso compiuto negli appositi spazi. Insomma tutto quello che serviva per compilare le tabelle per le aste del fantacalcio con gli amici. Ma non sono mai riuscito a capire come far fare a “lui” le operazioni matematiche per cui è stato creato. Excel resta un programma all’apparenza semplicissimo, ma nasconde delle trappole insidiosissime, che mi fanno perdere la pazienza. Ogni tanto quando il testo inserito è troppo lungo sparisce misteriosamente. Dove finisce? In un mondo parallelo? E perché gli zero dopo la virgola a volte restano e a volte no? E come mai quando importo un file da un altro computer è tutto sballato? Bill Gates perché non parli? Sarà pure “intuitivo”, come dice il mio commercialista, ma da sempre Excel è la mia condanna. Del resto, un software fatto di celle non può che essere una prigione.
*Comico e conduttore radiofonico