Indagare il futuro è probabilmente il desiderio che accomuna gran parte degli esseri umani.
Non è casuale, infatti, che l’intelligenza artificiale – la tecnologia più avanzata di cui disponiamo ora – venga usata per scopi predittivi, cioè per sapere adesso, quello che potrebbe accadere domani. D’altronde la storia del progresso umano è fondata sulla scienza, che crea le basi del nostro futuro. «La ricerca scientifica comprende una serie di attività che servono a fornire spiegazioni, mentre l’innovazione serve a trasformare i risultati raggiunti dalla ricerca, in soluzioni tecnologiche che devono dare una risposta ai nostri problemi», spiega Alessandro Coppola, a capo della Direzione Trasferimento tecnologico di Enea. Per scrivere il nostro futuro, per garantirci una crescita che sia sostenibile, in un ambiente fortemente competitivo, le innovazioni non si possono fermare. «È un circuito virtuoso, che bisogna saper mantenere e rilanciare proprio perché la ricaduta della ricerca attraverso l'innovazione persegue soluzioni a problemi che interessano il mercato, i cittadini, l’economia», aggiunge Coppola. Sappiamo che l’intelligenza artificiale è il presente e il futuro della nostra società, che cambierà e migliorerà prestazioni e produttività, ci condurrà verso nuove scoperte e invenzioni, ma oltre i vantaggi, non possiamo e non dobbiamo perdere di vista anche gli eventuali svantaggi. Non solo quelli meno tangibili, seppur molto gravi, come i pregiudizi e le discriminazioni perpetrati da un uso non etico dell’IA, di cui si è già occupata la Commissione europea con una regolamentazione specifica, ma dell’impatto ambientale derivato da un utilizzo massiccio, che richiede un enorme consumo energetico. «La stima è del 3-5% fino al 2030, rispetto ai consumi globali, una quantità notevole. Se paragoniamo la curva di apprendimento di un sistema di intelligenza artificiale alla mente umana, questo è centinaia di volte più inefficiente, consuma molta energia in più del nostro cervello, nell'imparare facendo lo stesso tipo di percorso, ma c'è una differenza. La persona lavora da sola o nel contesto lavorativo, mentre la macchina lavora per migliaia, milioni di persone», evidenzia Coppola nel suo ragionamento. Per cui se è vero che l'intelligenza artificiale probabilmente avrà un impatto notevole sui consumi energetici, a lungo termine «porterà un tale vantaggio in termini di efficientamento di sistema, che alla fine quel consumo verrà ampiamente compensato dalla riduzione dei consumi complessivi di tutto il sistema umano».
SUPER RADIOFARMACI NELLA LOTTA CONTRO I TUMORI
La medicina nucleare sta diventando una delle specialità di punta del futuro della medicina personalizzata. Non più ristretta al solo ambito diagnostico, sta entrando in quello terapeutico, nella cura di un numero sempre più ampio di tumori. Nata nel secolo scorso come disciplina di ricerca, per spiegare il funzionamento del corpo umano, negli anni si è sviluppata prevalentemente nella diagnostica, perché in alcune patologie, la disfunzione di un organo o apparato, precede le alterazioni anatomiche o strutturali rivelabili dall’imaging radiologico. «I radiofarmaci rappresentano un ambito molto importante per la medicina di domani. Il problema attuale è nei prezzi e nella scarsità dei radioisotopi, che sono alla base di questo tipo di farmaci oltre che nell’iter di approvazione – spiega Alessandro Coppola, a capo della Direzione Trasferimento tecnologico di Enea – ma si sta lavorando molto sullo sviluppo di radiofarmaci innovativi». Infatti, i principali centri di ricerca nord-americani ed europei sono impegnati nella produzione di molecole sperimentali in grado di tracciare e distruggere le cellule tumorali bersaglio. Recentemente la Commissione europea ha dato il via libera all’utilizzo di un radiofarmaco in alcune forme metastatiche di tumore della prostata, aumentando le possibilità di cura per una platea molto più ampia di pazienti e nei prossimi anni la terapia radiometabolica sarà utilizzata per combattere altre forme tumorali, oggi resistenti alle cure disponibili. «Come tutte le nuove terapie – ha spiegato Alessandro Giordano, direttore della UOC di Medicina Nucleare del Gemelli, in un recente convegno sulla medicina nucleare organizzato dalla Fondazione Policlinico Gemelli di Roma – anche i radiofarmaci sono attualmente autorizzati solo per il trattamento delle fasi avanzate di alcuni tumori, in pazienti che non rispondono più alle altre terapie. Sono però in corso studi per valutarne l’efficacia in fasi sempre più precoci di progressione del tumore. Il loro profilo di sicurezza, rispetto ad altre terapie oncologiche, è favorevole anche perché la loro azione è molto selettiva». Tutte queste nuove terapie all’orizzonte rappresentano un esempio concreto della cosiddetta medicina di precisione del futuro.
ALTRO CHE GIOCHINI LA VERA SFIDA È LA RIABILITAZIONE
Se nel 2022 Zuckerberg ha annunciato al mondo la nuova tecnologia del Metaverso, principalmente per scopi commerciali e di intrattenimento, il mondo delle neuroscienze ha drizzato subito le antenne, che si sono idealmente connesse con quelle della medicina riabilitativa. Il motivo lo spiega Antonio Cerasa, neuroscienziato, direttore dell'Istituto di bioimmagini e sistemi biologici complessi del Cnr, che ha svolto molte ricerche sul recupero di deficit legati a danni cerebrali. «Il fenomeno del brain-to-brain synchronization si verifica quando delle persone che svolgono un compito insieme entrano in una sorta di connessione collettiva in cui l'attività elettrica si sincronizza e crea una forte sinergia di gruppo. Fino a poco tempo fa era una teoria, ancora da dimostrare, oggi è provata dalla scienza» spiega Cerasa, che entra nel dettaglio: «Se oggi il paziente esegue la riabilitazione insieme allo specialista in presenza, in futuro si sfrutteranno le nuove conoscenze del brain-to-brain synchronization per svolgere attività collaborative di riabilitazione all’interno di un mondo virtuale, in cui lo stesso fisioterapista potrà seguire pazienti sparsi in diverse città. Ma è dimostrato scientificamente che l’armonizzazione di attività elettriche simili, anche se in una collaborazione virtuale, permette di utilizzare risorse ancora inesplorate, che non sono sfruttate in ambito clinico, lavorando isolati». Questo processo potrebbe cambiare completamente il settore della riabilitazione, fornendo ai pazienti una maggiore motivazione, perché la persona «si sentirebbe in un corpo diverso, più libero dalla sua pesantezza e farebbe cose che invece non potrebbe fare nel mondo reale».
CON I MOF L’ACQUA ARRIVA NEL DESERTO
Se c’è una tecnologia già pronta che sarà una vera rivoluzione per l’umanità sono i Mof, acronimo di Metal Organic Framework, materiali innovativi inventati negli anni Novanta, dal chimico Omar Yaghi, che porteranno l’acqua dove non esiste: anche nel deserto. Per capire la portare rivoluzionaria dei Mof, è sufficiente dire che portati in un’area desertica a una temperatura di 45 gradi, con un livello di umidità del 10 per cento, riescono comunque a estrarre l’acqua dall’atmosfera. Questo materiale metallo-organico è fatto di nanostrutture porose, simile alle spugne per intenderci, ma di dimensioni molto più piccole, che possono catturare ogni singola molecola di acqua dall’aria, anche la più secca, come quella del deserto. E c’è di più, perché sarebbe l’acqua più pura al mondo, in quanto le nanostrutture filtrano il liquido a livello molecolare, lasciando fuori qualsiasi agente inquinante. Già testato con successo dai militari americani, questo dispositivo non ha bisogno neanche di essere alimentato dall’energia elettrica, perché ad azionare le ventole che incrementano il flusso di acqua pensa l’energia solare. E in futuro potrebbe anche essere portatile, di piccole dimensioni, per non lasciare proprio nessuno senza acqua. Se invece venisse usato per produrre grandi quantità di liquido, allora l’energia elettrica può essere utile per raggiungere fino a 60mila litri di al giorno con una sola tonnellata di Mof. Portare l’acqua dove semplicemente non esiste cambierebbe il destino di milioni di persone e potrebbe cambiare quello che molti scienziati ritengono sia il futuro delle migrazioni di massa, in cui le persone si muoveranno tra i continenti in cerca del bene più prezioso: l’acqua.
DAL CORPO UMANO ALLE API POTENTI MINI ROBOT
Quando pensiamo alla robotica, ci viene subito in mente il robot umanoide, stile Optimus di Elon Musk, ma in realtà possono anche essere a forma di animali o di dimensioni microscopiche, come due progetti italiani della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Nel primo caso, due scienziati, Thomas Schmickl e l’italiano Donato Romano, propongono di rispondere alla perdita della biodiversità, sfruttando il comportamento naturale degli animali e le capacità tecnologiche dei robot per monitorare gli ecosistemi. Con il progetto Sensorbees, sono stati sviluppati dei microrobot che ispezionano le celle dei favi mentre le colonie di api fungono da sensori biologici che sorvegliano l’impollinazione; ogni singola cella sarà ispezionata dall’agente robotico che fornirà informazioni in tempo reale sulla salute della colonia e sulla diversità delle piante in un’area fino a 10 chilometri attorno all’alveare. Dalle api agli esseri umani, con la prima generazione di microrobot impiantabili, in grado di navigare in modo controllato e non invasivo nel nostro corpo, è la tecnologia del progetto I-BOT coordinato da Veronica Iacovacci, che ci riporta al 1966, al romanzo “Fantastic Voyage” di Isaac Asimov; con una differenza i microrobot impiantabili potranno eseguire procedure mediche come suture, riparazione dei tessuti e monitoraggio diagnostico a lungo termine. Questi robot in miniatura, attraverso l’azione combinata di ultrasuoni e campi magnetici, potranno cambiare la loro morfologia e adattarsi alla parte del corpo in cui dovranno intervenire, iniziando dal trattamento di ulcere nel tratto gastro-intestinale fino a sistemi per il monitoraggio di lesioni tumorali.
NESSUN OSTACOLO A CIASCUNO IL SUO ALGORITMO NLP
Lo scorso anno si è parlato moltissimo di ChatGPT, dei suoi limiti e della sua utilità. In realtà le potenzialità degli algoritmi di Natural Language Processing (Nlp), che sono alla base di software come ChatGPT per l’appunto, sono ancora tutte da esplorare e possono avere numerosi ambiti di applicazione: una su tutte, la medicina. «Questi algoritmi, dal racconto clinico del paziente hanno un’accuratezza diagnostica quasi identica a quella di un medico, anzi in alcuni casi riescono addirittura a fare diagnosi a cui l'essere umano non aveva pensato», spiega Antonio Cerasa, neuroscienziato del Cnr, secondo il quale «nel prossimo futuro le varie categorie mediche si creeranno il loro algoritmo Nlp per avere un supporto reale nella diagnostica, come per esempio già avviene nella gastroenterologia, in cui il dispositivo è dotato di IA allenata su migliaia di casistica di tumore, che permette di riconoscere anche minime alterazioni». Tramite la tecnologia Nlp connessa ai diversi strumenti di diagnosi, molto presto si avranno risposte cliniche sempre più certe, grazie a database condivisi, che consentiranno la «democratizzazione della medicina, in cui ogni paziente potrà usufruire della stessa accuratezza diagnostica di un centro ospedaliero moderno pur stando in un piccolo ospedale di provincia perché le informazioni saranno basate su miliardi di dati scientifici». E non è ancora tutto, perché domani ogni medico avrà accesso a un’app «a cui potrà rivolgersi trasferendo le informazioni che ha raccolto dal paziente. Questa è la grande differenza tra gli algoritmi di Nlp e l’IA classica, che non aveva un'interfaccia dialogante, mentre questa evoluzione permetterà al medico di avere un controllo più semplice, ma soprattutto immediato».
STRADE E AUTO: ANCHE PER LE CITTÀ UN DIGITAL TWIN
Tra le innovazioni tech destinate a fare la differenza in molti ambiti, c’è sicuramente il digital twin, il gemello digitale, che mette insieme le tecnologie più evolute: intelligenza artificiale, potenza di calcolo dei supercomputer, la rete. I digital twin – rappresentazione digitale di un’entità reale, che sia una città o un corpo umano – sono un acceleratore strategico per la trasformazione digitale e consentono di visualizzare una situazione presente, per prevederne l’evoluzione futura. «È come se avessi un film che posso vedere mandando avanti velocemente per sapere cosa succederà», spiega Emilio Fortunato, direttore del dipartimento Ingegneria, Ici e Tecnologie per l’energia dei trasporti del Cnr. «Se ho un sistema reale su cui posso installare dei sensori per raccogliere i dati, posso costruire simulatori di tutti i sottosistemi. Posso fare il gemello digitale di un’auto che registrerà le sue prestazioni, prevedendo quando fare la manutenzione. E questo concetto generale lo stiamo applicando anche a cose estremamente complesse, come le città, lo stiamo facendo su Matera e Catania, che sono costituite da un insieme di sottosistemi: strade, palazzi, distribuzione dei servizi, raccolta dei rifiuti, traffico, tutti sistemi misurabili con una rete di sensori connessi». Il gemello digitale delle città è un valido strumento di supporto decisionale e può essere usato in situazioni emergenziali, ma può essere usato anche per replicare il corpo umano. «Alcuni colleghi stanno costruendo il gemello digitale di alcune patologie aggressive, usando organoidi di cellule e chip microfluidici, che consentono di misurare la risposta a determinate terapie, come una sorta di palestra virtuale dove fare sperimentazione».