La tecnologia, che oggi più che mai scandisce le nostre vite, ha il potere incredibile di farci sentire proiettati nel futuro in un istante, quando ad esempio entriamo in possesso dell’ultimo modello di smartphone, oppure immediatamente inadeguati, nel momento in cui ci perdiamo un aggiornamento, non usiamo l’ultima app, o il file non si apre perché abbiamo una vecchia versione del software. Per far fronte al lieve imbarazzo, ci si deve addirittura giustificare. Ma se cominciassimo a dirlo, senza paura, che molte delle novità che ci propongono, spesso semplicemente non ci servono? Ci toccherebbe allora fare delle scelte, anche radicali, rinunciando ad un po’ di finta socialità per essere un po’ più padroni delle nostre vite. La tecnologia può essere anche altamente discriminante: lo abbiamo visto tutti con la DAD, nel caso (più che legittimo) in cui non si disponga di un computer per ogni membro della famiglia. Se l’accesso alla cultura e all’istruzione passa inevitabilmente per la tecnologia, allora accedere alla tecnologia diventa un diritto primario.
LA SCELTA
Per uno come me, che nel pieno del boom digitale degli anni ’90 ha fatto la scelta di fare un lavoro manuale, la contrapposizione fra i tempi umani del lavoro analogico e quelli del digitale costituisce un elemento di lotta quotidiana. Sempre più spesso realizzo che chi mi chiede un lavoro di calligrafia, non immagina che ci sia dell’inchiostro che deve asciugare, o che se faccio un errore o mi viene chiesta una modifica bisogna ricominciare da capo. Ci sono cose che hanno bisogno del giusto tempo, punto. Gli spaghetti non cuociono in due minuti anziché 13, neanche se li paghi di più. Potrei usare una tavoletta digitale è vero, ma è solo sporcandomi le mani che sono cresciuto assieme alla mia arte, ed è strappando risme di fogli che ho imparato ad accettare i fallimenti e a far pace con la pazienza che credevo di non avere. Così ogni giorno faccio finta che sia normale perdere enormi quantità di tempo a deflaggare, acconsentire, premere ok, inserire i miei dati, oppure a ritrovarsi a scrollare un contenitore in attesa di contenuti degni di questo nome, in cambio del lusso di poter scrivere a mano, perdendomi fra le grazie e gli spazi delle lettere, seguendo il flusso del corsivo.
L'INVITO
Che si tratti di calligrafia fatta con il pennino o di un semplice appunto preso la matita, la scrittura, oggi apparentemente quasi in disuso, rimane una delle più grandi conquiste dell’essere umano: ci consente di riprenderci il nostro tempo, e contribuisce anche ad una migliore comprensione dei testi, oggi più che mai compromessa da un analfabetismo funzionale sempre più diffuso. Sarà un caso che questo fenomeno coincida col fatto che abbiamo smesso di scrivere impugnando una biro? Proviamo a tenere una penna ed un taccuino accanto alle nostre tastiere: potremmo scoprire che una cosa non esclude l’altra, e ritrovare nello stesso tempo un piacere perduto.
*calligrafo e autore del libro “Anima e inchiostro: Scrivere a mano come pratica per migliorare se stessi”