Negli anni Settanta, con i progressi nell’elettronica e i primi personal computer, la fantascienza iniziò a immaginare l’uomo del domani.
Lo scrittore Martin Caidin pubblicò il romanzo Cyborg, d’ispirazione alla serie tv L’uomo da sei milioni di dollari, in cui un astronauta dopo un grave incidente veniva ricostruito con parti robotiche: s’iniziò a parlare del mito dell’uomo bionico. A quasi 50 anni di distanza, quelle ipotesi da science fiction trovano riscontri molto realistici in altrettante ricerche.
A cominciare dal motore dell’organismo umano: il cuore. Al Centro Gallucci di Padova il cardiochirurgo Gino Gerosa promette che entro due anni sarà pronto il prototipo del primo cuore artificiale 100% italiano che coinvolgerà ingegneri meccanici ed elettronici, biologi, esperti di materiale biocompatibile. La grande rivoluzione di questo dispositivo risiede nel fatto che non sarà un cuore transitorio, ma durerà 20 anni, sarà grande appena 8 centimetri, silenzioso e alimentato da un sistema di trasmissione transdermica dell’energia, attraverso una piastra installata all’interno del dispositivo.
LE APPLICAZIONI
Oltre il cuore, il cervello. Ed è qui che si stanno concentrando gli sforzi della neuroscienza che, partendo dalle conoscenze acquisite nella robotica industriale, le sta trasferendo all’encefalo, passando anche attraverso l’iper stimolazione dei sensi. «Il neuroscienziato Giulio Rognini, che lavora a Losanna, ha ribattezzato questo settore cognetica, parola che nasce dalla crasi tra cognizione e robotica» spiega Antonio Cerasa, neuroscienziato del Cnr.
«La robotica cognitiva, sottocampo della robotica industriale, poi applicata alla sanità nell’ambito della riabilitazione, ha sviluppato sistemi robotici per potenziare il soggetto sano. Secondo la teoria di riferimento dell’Embedded Cognition, l’intelligenza umana non è misurata dalle capacità attentive, di memorizzare, di apprendere, ma sviluppa la conoscenza attraverso l’attività motoria, quindi il corpo, ovvero i sensi» aggiunge Cerasa.
La cognetica, dunque, unisce le neuroscienze cognitive della consapevolezza corporea alla ricerca robotica industriale, con l’obiettivo di studiare, controllare, migliorare percezione e cognizione. Siamo quindi di fronte al super uomo, all’uomo bionico? «In parte, più che altro un uomo più intelligente, super intelligente, che contrasta con il modello di oggi dell’uomo passivo che vede nell’intelligenza artificiale la soluzione a tutto» aggiunge Cerasa. Se l’uomo di domani sarà più intelligente, allora, secondo la cognetica tutto deriva da un potenziamento dei cinque sensi. E infatti, nei laboratori del mondo, molte ricerche puntano proprio a questo, implementando il corpo umano con dispositivi tecnologici indossabili o impiantabili.
LE SPERIMENTAZIONI
Uno degli esempi più noti è Neuralink, la società di Elon Musk che sviluppa chip impiantabili in grado di leggere le onde cerebrali, che ha ideato un dispositivo in grado di impiantare fili ultrasottili all’interno del cervello. Dopo sperimentazioni su animali, Neuralink ha ricevuto l’approvazione della Fda per gli studi clinici sull’uomo e ha aperto al reclutamento.
Altro progetto top secret in casa Google, dove si starebbe lavorando su Wolverine, un dispositivo wearable in grado di migliorare l’udito umano. Il device da inserire nell’orecchio potrebbe permettere a una persona di concentrarsi su un particolare oratore in un contesto di gruppo dove vi sono conversazioni sovrapposte. E infatti Cerasa sottolinea: «Le cosiddette interfacce aptiche o indossabili hanno la capacità di rendere e combinare stimoli multisensoriali artificiali con il movimento umano e i relativi segnali motori. Questa integrazione ottimizza più segnali sensoriali e motori e rende le interfacce in grado di potenziare il feedback multisensoriale che mi ritorna, da cui ricavo molte più informazioni di quello che sto facendo. È una tecnologia chiave per studiare e migliorare la percezione corporea, la coscienza e tutte le funzioni cognitive».
Al Politecnico di Torino, invece, si sta studiando un naso elettronico, che potrebbe avere applicazioni in campo sanitario, nell’ambito del quale sarebbe in grado di individuare alcune patologie analizzando i gas presenti nel fiato umano, o nell’industria alimentare, per avvertire l’eventuale deterioramento dei cibi.
Un team di ricerca guidato da Francesca Santoro, ricercatrice italiana, ma docente all’Università tedesca di Aquisgrana, ha realizzato un chip – composto da materiali organici conduttivi e sensibili alla luce – in grado di imitare il comportamento della retina e processi di memoria nel cervello, che potrebbe essere integrato nel corpo umano. Questa innovazione potrebbe migliorare l’efficacia degli impianti retinici.
Il chip da innestare sotto pelle, invece, è già realtà. Oggi serve per pagare, al posto di carta di credito o smartphone, o contiene dati personali e sanitari, ma chissà cosa potrà fare in futuro, magari nel Metaverso, «dove il potenziamento multisensoriale è una componente fondamentale, perché si deve interagire virtualmente con il proprio corpo trasferito in un avatar che interagisce con gli altri», spiega ancora Antonio Cerasa, convinto che il fine ultimo della cognetica sia «rendere il cervello umano più potente, passando dai sensi. I dispositivi robotici indossabili nel Metaverso o le stimolazioni del nervo vago – una sorta di centralina di connessione tra cervello e resto del corpo – che si stanno facendo con altre sperimentazioni in ambito militare, stimoleranno il sistema sensoriale, sviluppando una forma di super intelligenza, perché permetteranno di ricevere più informazioni proprio dai sensi amplificati».