Un paio di settimane fa è stata acquistata da un anonimo compratore un’opera intangibile destinata a diventare qualcosa come la stele di Rosetta o la prima Bibbia per i nostri pronipoti. Tim Berners-Lee, mitologico inventore di internet, ha messo all’asta su Sotheby’s il codice sorgente del world wide web sotto forma di NFT, ovvero un pacchetto di dati crittografati che registra e certifica la proprietà di oggetti digitali. Incluso nell’acquisto ci sono 9.555 righe di programmazione scritte nel 1990-1991, una visualizzazione animata di 30 minuti del codice, un poster digitale e una lettera scritta da Berners-Lee nel giugno 2021, con alcune riflessioni sulla sua invenzione. Il clamore è sicuramente figlio del successo degli NFT e della loro rapida ascesa nel mondo del collezionismo non solo artistico, con casi di “figurine” virtuali di campioni dello sport pagate cifre a sei zeri, o il primo tweet di Jack Dorsey, il patron di Twitter, pagato 2,9 milioni di dollari. I dati infatti non mentono e mostrano che il mercato è salito a un nuovo massimo nel secondo trimestre di quest’anno, con vendite finora di 2,5 miliardi di dollari, un balzo notevole rispetto ai 13,7 milioni di dollari della prima metà del 2020.
IL TREND
Sfruttando questa corrente ascensionale, Berners-Lee ha intascato per la sua opera d’ingegno cristallizzata in un pacchetto di dati 5,4 milioni di dollari da un’asta online aperta a tutti. Sotheby’s ha preferito questa procedura partendo da un prezzo di 1.000 dollari e lasciando che il mercato ne definisse il reale valore. Cassandra Hutton, una esperta di tecnologia e cultura pop stipendiata dalla casa d’aste, ha rivelato che la metà degli offerenti non aveva mai partecipato ad eventi su Sotheby’s e che tutti concordavano sull’idea che quel codice avesse un certo valore. «Il simbolismo e la sua storia, unite al fatto che sia coniato dal suo creatore – ha dichiarato la Hutton – sono i motivi che spingono le persone a raccogliere oggetti come gli NFT». L’argomento è però scottante, perché il popolo del web non ha apprezzato la mercificazione del Dna di internet da parte del suo creatore. Sulla questione Tim Berners-Lee, grande sostenitore di internet aperto a tutti, ha provato a chiarire la sua posizione. Da un lato ha definito gli NFT il mezzo di proprietà migliore che esista per impacchettare le origini del web. Dall’altro li ritiene un modo per distrarre i ricchi dirottandoli a investire i loro investimenti su internet in un mercato speculativo secondario, limitando – secondo lui – l’accelerazione della privatizzazione della rete. In questo dibattito molto virtuale un po’ tutti alla fine dimenticano il nostro Pianeta, dato che un singolo NFT nella fase di estrazione può produrre carbonio quanto un jet commerciale in un’ora di volo.
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