Nella società dell’indignazione l’ultima frontiera della critica facile in cui moralisti e opinionisti si stanno esercitando è legata al nuovo trend digitale che dalla Gran Bretagna sta prendendo piede anche in Italia: far leggere le fiabe della buonanotte ai propri piccoli da Alexa. Che non è una tata greca, ma l’assistente personale intelligente partorita da Amazon. La “voce” che risponde alle nostre domande, che inserisce un timer quando glielo chiediamo, che ci dice che tempo farà o che gestisce la nostra agenda quando gliene facciamo richiesta. Ebbene, pare che ora l’assistente virtuale di Amazon si stia ritagliando un altro pezzetto di spazio nella vita delle famiglie. Lo dice un sondaggio di Charity Book trust condotto nei mesi scorsi in Gran Bretagna su un campione di 1000 genitori con figli sotto i 10 anni per scoprire se l’abitudine di leggere le favole della buonanotte fosse ancora attuale. L’esito dello studio ha svelato la nuova realtà: quasi la metà dei genitori intervistati (per l’esattezza il 49%) ha dichiarato di voler condividere una favola con i propri figli ogni notte, ma purtroppo soltanto il 28% riesce a farlo.
Gli ostacoli principali che impediscono di dedicarsi a questo momento ancestrale in compagnia dei propri figli sarebbero da ricercarsi nel pendolarismo che non permette a papà e mamma di tornare a casa in tempo utile e nei numerosi impegni che travolgono gli adulti, «troppo occupati» per dedicarsi alla lettura delle fiabe. Ed è qua che entra in gioco la tecnologia, e che il compito di fare da cantastorie viene affidato ad Alexa. E insieme all’esito del sondaggio scattano anche gli anatemi dei custodi delle regole della famiglia. La nuova moda viene additata da più parti come un sacrilegio, un insulto all’unità familiare, un’invasione dei robot dalla «voce metallica e senza alcuna flessione espressiva» (giuro che l’ho letto) nella vita dei più piccini. Ora, posto che non sta scritto da nessuna parte che un genitore debba leggere tutte le sere le fiabe al proprio piccolo, questo tintinnar di denti grignanti dovrebbe scivolare nella più totale indifferenza di quelli della mia generazione cresciuti al suono delle “Fiabe Sonore”. Ricordate la fantastica raccolta con le favole su vinile che si inserivano nel mangiadischi? Una meraviglia d’antan pubblicata fra il 1966 e il 1970 su 45 giri dai Fratelli Fabbri Editori, con un meraviglioso marchio di fabbrica rappresentato dalla sigla iniziale che partiva con il celebre «A mille ce n’è nel mio cuore di fiabe da narrar». Ecco, fatte le dovute proporzioni e riportato il racconto nel suo contesto, ovvero l’oggi immerso nel digitale, alla fine il meccanismo è più o meno quello. Se papà e mamma non hanno tempo di leggere una favola delegano il compito alla tecnologia. Certo, le Fiabe Sonore erano accompagnate anche da dei bellissimi libri illustrati, ed erano interpretate da voci d’attore e non da voci di robot, ma la sostanza non cambia. E non ricordo negli anni ‘70 orde di inferociti opinionisti gridare allo scandalo perché la lettura delle fiabe veniva delegata a un mangiadischi. Spesso tendiamo a farci prendere la mano dalla facile indignazione perdendo di vista il reale contesto. In un’era di bimbi iperconnessi, attaccati allo smartphone o al tablet di mammà usato spesso come diversivo per non sentirli frignare, ben vengano le favole lette da Alexa, che almeno riportano i più piccoli in un mondo fiabesco e immaginifico facendoli staccare per un po’ dai video di Sferaebbasta e dei Maneskin. E sia chiaro: non ho nulla contro l’uno o gli altri, ma sono certo che se tornassi ai miei 4 anni preferirei ascoltare la favola del Brutto Anatroccolo o di Barbablù piuttosto che un singolo di Drupi o degli Skiantos. C’è poi, in questa storia, un’indicazione molto interessante: la tecnologia fa passi da gigante e le nostre abitudini mutano di conseguenza. Non è necessariamente un’evoluzione. La tecnologia porta con se innumerevoli vantaggi e qualche svantaggio, ma il rimpianto su quanto si stava meglio una volta non aiuta a cogliere le potenzialità del progresso. Che i rapporti umani, anche in famiglia, risentano della pervasività della tecnologia è piuttosto evidente, ma le strategie di contrasto rischiano di essere inutili e spuntate. Meglio assecondare i tempi e cavalcare l’innovazione. Alla fine una fiaba è sempre una fiaba, a prescindere dalla voce narrante. Ne è una testimonianza anche la bellissima iniziativa dell’assessora alla Cultura di Castiglione dei Pepoli (Bologna), Margherita Nucci, che durante il lockdown di novembre, per ovviare alla chiusura delle biblioteche, ha lanciato un’iniziativa in cui leggeva le favole al telefono ai bambini che ne facevano richiesta.