É una pecora l’animale più discusso e criticato al mondo. Nasceva 25 anni fa, in Scozia, Dolly, il primo mammifero a essere stato clonato grazie a una cellula adulta. In quel periodo uno dei “padri” che la creò, lo scienziato Ian Wilmut del Roslin Institute, scommetteva che prima del 2020 ci sarebbe stato cibo prodotto da animali clonati. Formalmente Dolly ha avuto tre mamme: una che ha dato il nucleo di Dna, un’altra che ha dato una cellula senza nucleo e la madre “surrogata” che l’ha partorita. Dolly è stata anche mamma di sei agnelli, tutti partoriti tra il 1998 e il 2000. Nel 2003, poco prima di compiere i suoi 7 anni, è stata soppressa per una malattia polmonare che la faceva soffrire terribilmente. Ma Dolly, di fatto, continua a vivere: sono stati fatti altri quattro suoi cloni: Daisy, Debbie, Dianna e Denise.
COPYCAT E GLI ALTRI
Il primo gatto clonato è americano: CC, CopyCat, nato nel 2001. Si è aspettato fino al 2005 per vedere il primo cane: Snuppy, in Corea del Sud: era un cucciolo di segugio afghano, chiamato così perché frutto della ricerca della Seoul National University. Nel 2017 in Cina, sono arrivate le prime scimmie clonate con la stessa tecnica di Dolly: i macachi Zhong Zhong e Hua Hua. Lo scorso anno la ricerca scientifica ha dato alla luce Elizabeth Ann, un furetto dai piedi neri, nata in Colorado. Lei è la clone di Willa, morta a metà degli anni Ottanta e che non aveva alcun discendente vivente. L’Italia in tutto questo tempo non è rimasta a guardare: un anno dopo Dolly, nel 1997, all’Istituto zootecnico della Sardegna nacquero A1, A2 e A3, poi chiamate Rossella, Melania e Nani. Anche in questo caso, tre pecore.
UN SALTO NEL TEMPO
La clonazione ha permesso alla scienza di capire come una cellula adulta (che nel caso di Dolly era stata prelevata da una ghiandola mammaria) potesse essere “riprogrammata” e tornare indietro nel tempo. La malattia di Dolly ha aperto il dibattito della scienza sui difetti e sulle malformazioni degli animali clonati. Uno dei primi studi pubblicati su Nature Biotechnology dimostrò che degli animali clonati solo il 77% alla nascita era sano. Con lo sviluppo, poi, mostravano tutte le fragilità dei loro corpi: diabetici a 8 mesi, e poi nel corso degli anni problemi al cuore, ai polmoni, al fegato, ai linfonodi. Il laboratorio italiano Cesare Galli è uno dei pionieri della clonazione Made in Italy. Nel 1999 fa nascere il toro Galileo, creandolo da una cellula di sangue del suo gemello, Zoldo. Qualche anno più tardi, nel 2003, crea Prometea, la prima cavalla: è gemella di sua madre, Stella Cometa. Oggi, a 18 anni appena compiuti, è mamma di Pegaso e gode di ottima salute. Galli ha il suo laboratorio a Cremona: è Avantea, creatura sua e della moglie, la veterinaria Giovanna Lazzari. È una struttura che si occupa principalmente di riproduzione assistita e di clonazione. Entrambi iniziano a studiare questi temi ancor prima della nascita di Dolly: dopo le lauree in Veterinaria a Milano, vanno nel Regno Unito a fare ricerca. Galli una volta tornato in Italia insegna per 12 anni all’Università di Bologna. «Come tecnica di riproduzione la clonazione non è molto efficiente rispetto alla fecondazione assistita. La probabilità di avere nati è di circa un terzo», spiega. E il costo non è basso. Per avere un gemello di un maiale la spesa oscilla tra i 20 e i 30 mila euro e per un cavallo si può arrivare anche a 100 mila. «Non è vietato clonare gli animali purché non vengano immessi nella catena alimentare – dice – Oggi cloniamo cavalli che vengono registrati alla nascita come “non macellabili” e maiali a scopo biomedico». A richiedere i suini ci sono i grandi centri della ricerca sanitaria che cercano cloni di animali per sperimentare nuove cure. Covid Avantea, attraverso una sua società francese, ha aperto un laboratorio in Belgio che sta sviluppando, grazie a una trentina di maiali clonati, un trattamento contro il Covid. «I risultati sui suini sono molto promettenti – spiega Galli – Vogliamo realizzare un trattamento come quello che si basa sul plasma dei pazienti guariti. A differenza della terapia che si basa sugli anticorpi monoclonali, che riconoscono un solo punto per neutralizzare il virus Sars-Cov-2, i policlonali, come stiamo facendo, ne riconosce molti di più».
IL RINOCERONTE
Nel laboratorio di Cremona sono stati prodotti alcuni embrioni di rinoceronte bianco del Nord. A marzo di quest’anno 19 ovociti sono stati prelevati da Fatu, la più giovane degli unici due esemplari rimasti in vita in Kenya. Per il momento, spiega Galli, si sta tentando la strada della fecondazione assistita per portare avanti la specie. Altrimenti, come ultima via, potrebbe essere battuta quella della clonazione. Nel 1998 in Corea del Sud partì un esperimento di clonazione umana che si interruppe a livello cellulare. Non si è mai andati al di là di questo confine. Più che dei cloni, dunque, il futuro è degli umanoidi, cioè dei robot dalle sembianze umane. Alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa è stato appena inaugurato l’Istituto di intelligenza meccanica per sviluppare e sperimentare l’interazione tra l’uomo e la sua “creatura” fatta non di cellule ma di microchip e sensori.