Un po’ Blade Runner, un po’ Matrix, intorno il deserto della penisola arabica, sotto terra e sotto il mare i giacimenti di gas naturale più estesi al mondo: in mezzo, un pallone rotolerà come sempre impazzito (ma stavolta con un sensore all’interno) davanti agli occhi del mondo, inseguito da atleti sempre più cibernetici, monitorati 50 volte al secondo da Grandi Occhi.
Benvenuti al Mondiale di calcio in Qatar, quello dei primati, delle unicità, della tecnologia e del salto nel futuro. Dal 20 novembre al 18 dicembre va in scena, a Doha e dintorni, l’avventura più pazza che il mondo del calcio abbia mai ideato.
Un campionato del mondo d’autunno, e già questa è una prima volta: del resto in Qatar non si potrebbe giocare d’estate, a 45 gradi all’ombra. È la prima volta in un Paese arabo, in ventidue edizioni dal 1930 a oggi. È la prima volta che si gioca in una nazione così piccola, grande poche centinaia di chilometri quadrati più dell’Abruzzo: si prevedono in un mese circa 1,5 milioni di visitatori in arrivo da tutto il pianeta, quanti il Qatar non ne ha visti in tutta la sua storia. Eppure, i qatarioti giurano di aver organizzato tutto alla perfezione, con la modica spesa di 200 miliardi di dollari (a occhio). E insieme alla Fifa, la federazione del calcio mondiale, annunciano il mondiale più tecnologico di sempre: fidarsi dell’uomo è bene, ma farlo aiutare dalle macchine è meglio. Di novità tecnologiche gronda, questa edizione della World Cup, in campo e fuori. La più clamorosa è quella del “fuorigioco semiautomatico”: le macchine saranno il pilota automatico degli arbitri nel prendere decisioni sulla questione più delicata del calcio, da sempre. Grazie a 12 telecamere montate nel sottotetto degli stadi, grazie al monitoraggio continuo di 29 punti sul corpo di ogni calciatore, a immagini che vengono inviate 50 volte al secondo calcolando l’esatta posizione dell’atleta, l’eventuale fuorigioco sarà rilevato in tempo reale; gli spettatori allo stadio potranno vedere subito sui megaschermi, e in 3D, il fotogramma rivelatore dell’episodio, così sapranno subito cosa è successo.
Il tutto grazie alla fattiva collaborazione del pallone, che a sua volta ha un sensore all’interno che invia dati 500 volte al secondo, per conoscere il preciso istante in cui viene calciato: il cuoio quest’anno si chiama “Al Rihla”, che in arabo vuol dire “Il viaggio”. Insomma, il fattore umano rimarrà piuttosto marginale nelle valutazioni di campo, ma pare che il futuro sia questo. Anzi, i giocatori stessi hanno chiesto e ottenuto, attraverso la Fifa, di poter usufruire di un moderno sistema di rilevazione delle loro prestazioni, ed ecco l’altra novità, la Fifa Player App: subito dopo la fine di ogni partita gli atleti riceveranno sul loro smartphone un’analisi minuziosa della prestazione individuale, le statistiche più dettagliate ed efferate sulle distanze percorse, le soglie di velocità, i palloni intercettati, persi e giocati, gli errori e le cose riuscite, le zone di campo ricoperte e le immagini video dei momenti più significativi della gara. Per capire e migliorarsi, forse per arrabbiarsi un po’. Ma pare sia uno strumento necessario, ormai.
I NUOVI IMPIANTI
È il progresso, e non possiamo farci niente. Così è stata un inno al progresso la velocissima costruzione, in circa 5 anni, di 7 degli otto stadi che ospiteranno il Mondiale (con relative polemiche sulle migliaia di perdite umane che sono costate, secondo le organizzazioni umanitarie). La novità assoluta è che tutti gli stadi (meno uno) saranno refrigerati con un sistema di condutture (in alcuni casi anche 120mila) che pomperanno dentro l’impianto prima acqua gelida poi aria fresca che scorrerà sotto i seggiolini degli spettatori e al livello del campo, per portare la temperatura a circa 23 gradi: fuori sarà intorno ai 30. Un solo stadio non avrà la refrigerazione perché è in riva al mare quindi ben ventilato, ma a sua volta è unico: si tratta del denominato “Stadium 974” sia perché +974 è il prefisso internazionale del Qatar, sia perché è stato costruito riciclando 974 container del porto di Doha. Sarà il primo stadio nella storia dei Mondiali a essere smontato a fine torneo, per essere forse rimontato altrove (è stata già avanzata una richiesta dall’Uruguay).
LA CITTÀ DIGITALE
Anche fuori dal campo si guarda al futuro. Per ospitare la gran massa di tifosi in arrivo, sono state costruite metropolitane e infrastrutture, treni e autobus elettrici anche per le squadre, che si sposteranno in modo ecosostenibile. Mentre sarà poco sostenibile l’enorme traffico di aerei su Doha, che non ha la ricettività per ospitare due milioni di persone: moltissime dormiranno nei vicini Emirati, tra Dubai e Abu Dhabi, infatti solo da lì sono previsti 60-70 voli al giorno. Per il prevedibile gran traffico nelle strade, migliaia di sensori saranno installati agli incroci, sui marciapiedi, sui muri e sui lampioni di Doha, con un’intelligenza artificiale a regolare il ritmo dei semafori. I tifosi potranno indossare magliette con sistemi “wearable”, con sensori a misurare sudorazione, frequenza cardiaca e temperatura, rilevando le emozioni. Si è pensato anche ai non vedenti. Bonocle, una start up del Qatar, ha trovato il modo di convertire i contenuti digitali in braille: dallo smartphone si può accedere a un dispositivo che fa emergere otto chiodini di plastica i quali, muovendosi sul polpastrello, trasformano le immagini in braille. Il Mondiale del futuro è già qui. E tutto accadrà in uno spazio piccolissimo: gli otto stadi sono a Doha e nella sua grande e ipermoderna periferia, tutti nel giro di 70 km. E almeno questa non è una prima volta: anche il primo Mondiale del 1930, a Montevideo in Uruguay, si disputò in una sola città. È l’unico ponte col passato, roba di quasi cent’anni fa. Il resto, a Doha, sarà futuro presente.
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