Il cervello umano è il pezzo di materia organizzato nel modo più meraviglioso di tutto l’universo conosciuto», scriveva Isaac Asimov, autore delle celebri tre leggi della robotica. L’intelligenza artificiale potrà mai eguagliarlo? «La macchina ci supera in tante cose, nella capacità computazionale, nella velocità di calcolo – mette subito in chiaro Giulio Maira, professore di Neurochirurgia di Humanitas Milano e Presidente della Fondazione Atena Onlus di Roma, autore di libri illuminanti come Il cervello è più grande del cielo – ma una delle caratteristiche peculiari del cervello umano è la sua plasticità. Cioè la capacità di continuare a modificarsi e imparare lungo tutto il corso della vita. In altre parole, l’uomo è libero di costruirsi il cervello come vuole, cosa che un computer non potrà mai fare».
Di recente sul “Messaggero” il fisico Carlo Ricciardi ha raccontato di stare progettando un chip che mima proprio il funzionamento delle sinapsi umane.
«L’obiettivo è sempre duplice: da un lato curare la malattia e dall’altra capire il funzionamento del cervello per imitarlo. Da questo punto di vista i fisici hanno portato un grande progresso nella conoscenza».
In “Lucy” di Luc Besson, Scarlett Johansson assume una droga che le permette di utilizzare tutte le potenzialità della sua mente, fino ad arrivare a capacità sovrumane. È vero che impieghiamo solo una minima parte del nostro cervello?
«Il cervello lo usiamo sempre tutto, ma non tutti lo fanno sviluppare al massimo delle sue potenzialità. Il cervello che abbiamo da adulti dipende dalla riserva cognitiva che abbiamo accumulato nel corso della vita e da come abbiamo protetto la “macchina”».
Esistono differenze fisiche nel cervello di un genio?
«La differenza probabilmente sta nella connettività. Noi nasciamo tutti con circa 86 miliardi di neuroni, quasi quanto il numero di stelle della Via Lattea, ma poi sviluppiamo reti neurali, sinapsi. Probabilmente il genio è colui che, dato in partenza un eguale numero di neuroni, poi riesce a sviluppare il cosiddetto connettoma. Ovvero, quell’insieme di miliardi di fibre che insieme forniscono ricchezza alla struttura cerebrale».
Esiste una differenza tra intelligenza artistica e matematica?
«Noi abbiamo due emisferi cerebrali così come abbiamo due polmoni e due reni. I reni e i polmoni funzionano allo stesso modo, mentre gli emisferi cerebrali funzionano in modo totalmente diverso. Schematizzando possiamo dire che il cervello dominante, di solito, è quello più portato all’analisi logica, mentre quello di destra è più votato alla fantasia, ai procedimenti artistici, alla capacità emotiva. I mancini, come Leonardo, sono più dominati da questo. In alcuni esperimenti scientifici, è emerso che l’emisfero dominante tende a bloccare quello non dominante, per far prevalere la razionalità sull’emotività».
Perché usiamo le nostre capacità con il freno a mano?
«Perché l’evoluzione ha selezionato ciò che era importante per la nostra sopravvivenza. Evidentemente due cervelli disinibiti non potevano funzionare, e così il cervello razionale prevale sull’altro. Le aree dell’emotività risalgono a 200-300 milioni di anni fa, le aree razionali compaiono soltanto centomila anni fa. Evidentemente si è rivelato un meccanismo necessario per la sopravvivenza».
L’intelligenza artificiale ci permetterà di sopravvivere o sarà il nostro cavallo di Troia?
«L’IA permetterà all’uomo di fare progressi straordinari. Il cervello è un organo estremamente lento. Le nostre sinapsi possono fare 38 miliardi di operazioni al secondo, mentre i moderni computer arrivano a milioni di miliardi. Però ci sono delle caratteristiche che l’IA non potrà mai avere, come l’emotività».
L’emotività?
«Sì, è dal dialogo tra ragione ed emotività che nasce l’intelligenza dell’uomo. Un computer non potrà mai emulare questo meccanismo. È l’emozione a dirmi se posso avvicinarmi a una persona o scappare. E poi c’è la coscienza, che ci fa riflettere sulla nostra vita, e che implica un senso morale. Un computer non ha senso morale».
E se riuscissimo a riprodurre questo meccanismo nelle macchine?
«Se davvero si arrivasse alla singolarità tecnologica, ovvero al momento in cui il cervello artificiale sarà pari al cervello umano, capace di avere emotività, creatività, senso morale, a quel punto ci troveremo ad un bivio drammatico per il genere umano».
Si tratta di un pericolo reale?
«Ci si sta già attrezzando per fronteggiarlo. L’Unione europea ha emesso delle direttive secondo cui i produttori di macchine intelligenti devono sempre tener presente la dignità dell’uomo e il valore della natura umana. Nella scienza avvengono di continuo cose che ritenevamo impossibili».
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