Passi in avanti ci sono stati ma l’autonomia resta ancora il limite principale degli smartphone, pochi dei quali riescono a conservare una minima quantità di energia dopo una giornata di uso medio-intenso. Con i caricabatterie e le powerbank che occupano poco spazio in borse e zaini diventati ormai compagni di viaggio quotidiani, la necessità di ricaricare il telefono è meno problematica rispetto a qualche anno fa eppure, se confrontato agli sviluppi di display e fotocamere, le batterie degli smartphone non hanno mantenuto le promesse di crescita, anche se non mancano modelli che spiccano per la capienza degli accumulatori. Al di là dei moduli da 10.000 mAh degli esemplari rugged (i corazzati che resistono a urti, cadute e temperature estreme e necessitano di maggiore energia perché utilizzati in contesti specifici e fuori dall’ordinario), sul mercato ci sono esemplari duri a morire come il Samsung M51, che conta su una batteria da 7000 mAh, oltre allo schermo da 6,7 pollici, 4 fotocamere posteriore e memoria da 128 GB, per una durata superiore alle 60 ore e il più recente Motorola M9 Power con batteria da 6000 mAh. Gli smartphone che eccellono in autonomia sono meno performanti su diversi altri fattori, non a caso sui top di gamma troviamo ancora capienze ridotte, perché i produttori sono focalizzati sui sistemi di ricarica rapida. Nel corso dell’ultimo periodo questa tecnologia ha registrato una grande evoluzione, con le cinesi Oppo e Realme che hanno lanciato caricatori da 125W, in grado secondo le rispettive aziende di ripristinare la piena carica di una batteria da 4.000 mAh in 20 e in 13 minuti, mentre il sistema Quick Charge 5 di Qualcomm permette di passare da 0 al 50% di ricarica in 5 minuti. E le premesse per il 2021 annunciano velocità fino a 200W che ridurrebbero ancora di più i tempi per la ricarica veloce. Risultati straordinari che, tuttavia, fanno storcere la bocca a diversi addetti ai lavori, poiché i sistemi per la ricarica rapida potrebbero usurare la batteria degli smartphone (a tal proposito mai lasciare il telefono in ricarica durante la notte). Per questo, ma anche per alleggerirne lo smaltimento, è comunque essenziale andare oltre le batterie agli ioni di litio.
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GLI ESPERIMENTI
La speranza più concreta per il futuro a breve termine è il grafene, materiale composto da uno strato monoatomico di atomi di carbonio che abbina un alto livello di resistenza e flessibilità ed è allo studio anche dai produttori di auto elettriche. Quanto agli smartphone, buone notizie arrivano dalla società statunitense Real Graphene, al lavoro su batterie con celle potenziate dal materiale che determina un’impennata nella velocità di ricarica e capacità di resistere ai cicli di ricarica assai maggiore del litio: così la batteria che si ricarica in 90 minuti, con questo sistema impiega 20 minuti, mediante una stazione di ricarica a 60W. In Corea del Sud, invece, la batteria del domani potrebbe essere un adesivo, in particolare quella dedicata ai dispositivi pieghevoli, che grazie a Samsung, Motorola e Huawei sono in commercio già dallo scorso anno. Al centro degli esperimenti su cui lavorano i ricercatori coreani ci sono dei micro-supercondensatori più potenti e con maggiore densità di energie in confronto alle batterie a litio, quindi validi ed uffici per creare accumulatori più sottili ed efficaci. I primi modelli sviluppati sono elementi flessibili da attaccare su oggetti e superfici e, considerati i buoni responsi dimostrati, sono stati brevettati dal team di ricerca e faranno da base per successivi test mirati allo sviluppo di accumulatori per dispositivi mobili. Negli Usa si mira ancora più in grande, con una equipe del NanoScience Technology Center di Orlando che ha realizzato la batteria con un’autonomia di sette giorni, capace di conservare le stesse prestazioni anche dopo 30.000 cicli di ricarica. L’enorme progresso è dovuto al nucleo del modulo che consente il trasferimento degli elettroni molto rapido, a cui si deve la ricarica veloce per una durata tanto lunga quanto attesa.